Salvate dai pesci

È passato un po’ di tempo, lo so, ma non posso non scrivere qui di un progetto che è stato per me così importante.

Amo lavorare attraverso la narrazione nei contesti sociali: nel 2019, nella sezione nido di Rebibbia ho raccontato la mia storia per piccolissimi Le formiche e il grande uovo, accompagnandola con un laboratorio per mamme e figli; da diversi anni faccio parte dell’associazione Tutto un altro genere, grazie alla quale ho condotto un laboratorio in un centro antiviolenza e sviluppato numerosi progetti sulla diseguaglianza di genere; con i Cantieri dello spettacolo opero da diverso tempo sul territorio del quartiere Primavalle. Nel 2021, quando a Roma ho attivato il servizio di Teatro delivery, ho avuto l’occasione di incontrare le persone e le situazioni più diverse, e ancora una volta ho sperimentato il potere delle storie come strumento per entrare in relazione con l’altro.

Grandissima è stata la mia gioia quando l’associazione RiSCATTI mi ha chiesto di scrivere il progetto di un laboratorio narrativo per la Casa di Leda, che ospita mamme detenute con i loro bambini e bambine. In seguito il progetto, opportunamente riadattato, è stato invece rivolto alla Sezione femminile del carcere di Rebibbia. Ci hanno chiesto di lavorare in particolare con le madri, cercando di fornire loro gli strumenti per riscrivere le proprie storie, trasformandole con la poesia e la leggerezza fino a farle diventare fiabe da poter raccontare anche ai più piccoli. L’intento era quello di generare una ricaduta positiva nella relazione con i figli, molto spesso complicata proprio dall’assenza di chiarezza sui vissuti delle madri.

Da ottobre 2022 a febbraio 2023, per due ore ogni giovedì pomeriggio ho condotto a Rebibbia il laboratorio narrativo Attraverso le storie, accompagnata da Mauro Corso, che ha documentato ogni fase della nostra esperienza scrivendo un prezioso diario, e dai volontari di RiSCATTI, che mi hanno supportata in ogni parte del lavoro, mentre Stefano Corso con grazia e discrezione faceva le riprese.

Il percorso è stato tortuoso e non privo di difficoltà. La condizione di grande sofferenza di queste donne e l’estrema pesantezza dei loro vissuti hanno reso abbastanza irrealistica la nostra idea iniziale di una riscrittura in chiave poetica e fiabesca delle loro storie.  Attraverso un avvicinamento lento e graduale, che è partito dal lavoro sul corpo e sulla voce, abbiamo creato uno spazio di relazione e di possibilità restando in ascolto del gruppo, e a un certo punto ci è parso necessario cambiare direzione rimodulando il progetto iniziale…

Abbiamo quindi cercato di spostare l’attenzione dal passato di queste donne al loro presente, a quello che sono ora, a ciò che di loro ha resistito nonostante le sofferenze, alla forza grazie alla quale riescono ad andare avanti. Abbiamo cercato di suscitare una consapevolezza di questa parte di sé, raccogliendo i loro scritti durante le ore del laboratorio, per dare a ciascuna uno spazio, una piccola possibilità di esprimere la propria essenza, la parte più reattiva e vitale. Speravamo che questo lavoro potesse aiutarle a riconoscere le proprie risorse, la propria unicità, il proprio valore nonostante tutto. Quel briciolo di luce che aveva permesso loro di resistere.

La mission di RiSCATTI è proprio quella di dare voce, attraverso l’arte, a chi una voce non ce l’ha. Da questo laboratorio sono nati:
– il libro Salvate dai pesci, racconti delle detenute di Rebibbia, che raccoglie gli scritti delle partecipanti insieme a parti del diario di Mauro Corso, che ha curato, insieme a Maria Frega e a me, l’edizione per Castelvecchi;
– il cortometraggio Salvate dai pesci, racconti delle detenute di Rebibbia, di Stefano Corso, vincitore del Premio Luciano De Feo alla XIV edizione de Lo Spiraglio Film Festival della salute mentale, al Maxxi di Roma.

Vi invito a leggere il libro e a vedere il cortometraggio, se volete saperne di più… se volete ascoltare quelle voci.

Teatro Delivery

Ispirato al Barbonaggio Teatrale Delivery di Ippolito Chiarello, fondatore della rete nazionale delle USCA, unità speciali di continuità artistica, arriva anche a Roma il Teatro Delivery.

Così come i riders portano cibo in tutta la città, un’attrice (che in questo caso sono proprio io, Michela Cesaretti Salvi!) monta sul motorino e viene a consegnarvi uno spettacolo a domicilio, sotto un balcone, in un cortile o davanti a una finestra, rispettando comunque tutte le norme anti Covid! Insomma il delivery diventa un mezzo per rimettere in moto il Teatro, in un momento così difficile per tutto il settore dello spettacolo.

L’idea, nata dall’attore salentino Ippolito Chiarello, è quella di fornire un servizio per la cura dell’anima, creando la possibilità, per chi “ordina” uno spettacolo, di rientrare in contatto con la dimensione teatrale, pur se in un contesto molto diverso da quello che si vive nello spazio protetto di un Teatro.

“L’emergenza sanitaria, economica e sociale sta minando gli equilibri delle nostre comunità, che si ritrovano a nutrirsi solo di suoni di sirene e di notizie molto impattanti sull’umore di tutti. È importante, proprio in questo momento, oltre che curare il corpo, occuparsi anche dell’anima.” dice Chiarello. “Sono convinto che l’arte ha nel suo DNA il germe delle rivoluzioni. Lo Stato ha chiuso i teatri ma non ha offerto agli artisti delle alternative per continuare il servizio, per non privare la società della presenza fondamentale del nostro lavoro. Bisogna che gli artisti continuino a rivendicare la necessità dell’arte facendo un passo verso l’esterno anche e soprattutto in questo momento di chiusura, non solo dichiar-Azioni auto referenziali in attesa che tutto torni alla normalità ma agendo con azioni concrete mettendosi al servizio della comunità. Anche a “fondo perduto”, come chi ha la merce in magazzino e piuttosto che buttarla la mette a disposizione di tutti e soprattutto dei più deboli. Se davvero l’arte è necessaria o indispensabile, come la scuola e la sanità , allora dimostriamolo. Dal vivo.”

L’obiettivo è anche quello di arrivare dove di solito il Teatro non c’è, conquistando nuovo pubblico, raggiungendolo sotto le proprie case e avvicinandolo in un modo diverso.

Il Teatro di Narrazione, dove si lavora con l’essenziale, dove le scenografie sono sostituite dal corpo e dalla voce degli attori, potrebbe rivelarsi uno strumento particolarmente utile per la modalità delivery… lancio questa sfida!

Il menù può essere ordinato anche da diverse persone nello stesso palazzo, dove ci sia uno spazio condominiale che lo consenta. Gli spettatori in questo caso sperimenterebbero la condivisione di un’esperienza di ascolto… una situazione decisamente nuova per un condominio!

Crediamo nella necessità del nostro lavoro e siamo determinati a continuare ad offrire questo servizio durante e dopo l’emergenza che stiamo affrontando.

Per nutrire l’anima e prevenire l’astinenza del cuore…

Io sono pronta, e voi?

Ordinate il vostro menù !

#barbonaggioteatraledelivery

USCA – Unità Speciali di Continuità Artistica-Roma

Ascolto e narrazione alla Mario Lodi

“Galvano e l’orrenda dama” è una delle storie che ho raccontato nel primo incontro.

Mi fa piacere raccontarvi un’esperienza fatta quest’inverno per me particolarmente positiva.
L’idea di questo progetto è nata l’anno scorso, quando alcuni professori della Mario Lodi, dopo aver assistito al mio spettacolo di narrazione “Chichibio, la monaca e l’orrenda dama”, rimasti colpiti dalla qualità dell’attenzione che otto classi di dodicenni mi avevano dedicato, mi chiesero, tramite la referente ai progetti, la mia amica Lucilla Celletti, di proporre un lavoro sull’ascolto.

Mi è sembrato dunque interessante pensare un percorso nel quale i ragazzi avessero la possibilità di sperimentare l’ascolto ponendosi da entrambe le parti: prima da quella appunto di chi ascolta qualcuno che racconta, poi dalla parte di chi narra, e deve a sua volta farsi ascoltare (e al medesimo tempo ascoltare il suo pubblico).

Mi premeva inoltre che fossero i ragazzi stessi a creare il loro racconto, perché recuperassero un rapporto con la scrittura vissuta come strumento di espressione di sé, e perché fossero completamente liberi di scegliere cosa raccontare.

Hanno aderito nove classi, otto prime e una seconda media, con le quali ho condotto cinque incontri di due ore ciascuno.

… la foto è dell’anno scorso perché non ne ho nemmeno una di quest’anno (d’altronde non c’era Lucilla) ma rende comunque!

Un brevissimo accenno a come si è articolato il laboratorio: ho iniziato raccontando in classe due storie molto diverse, abbiamo individuato alcuni elementi importanti che avevano determinato l’ascolto dei ragazzi e ragionato sull’ascolto in generale e sul potere delle storie. Ho chiesto loro di scrivere un proprio breve racconto. Abbiamo quindi lavorato in teatro per rendere i ragazzi più consapevoli delle proprie potenzialità espressive. Nel terzo incontro i ragazzi hanno portato i loro racconti e insieme agli insegnanti abbiamo suggerito delle modifiche per farli evolvere nella direzione di una narrazione, nel quarto siamo passati dallo scritto al racconto orale,  e ognuno ha provato a narrare la sua storia davanti alla classe, nell’ultimo incontro seduti in cerchio, in teatro, ognuno ha raccontato agli altri la sua storia.

Devo dire che in questa scuola si respira proprio una bella aria, ed è stato davvero piacevole girare per i corridoi e trovare sempre qualche ragazzino che ti salutava, anche solo con uno sguardo sorridente!

Mi sono sentita ben accolta da tutti gli insegnanti, che hanno sostenuto il mio lavoro seguendo i ragazzi nella stesura dei racconti e accordandomi spazio.
Per me è stata un’esperienza davvero importante. Ogni classe ha reagito in modo diverso, ma sono uscite fuori cose sempre interessanti, e abbiamo vissuto insieme momenti intensi ed emozionanti.
Credo di essere riuscita a creare, insieme a insegnanti ed alunni, uno spazio di condivisione nell’ascolto che ha permesso ai ragazzi di mostrarsi in maniera autentica, di raccontare e raccontarsi, superando quasi sempre la timidezza, imparando a conoscere i propri compagni e ad ascoltarli sospendendo il giudizio, accogliendoli per quello che sono.
E a me sembra un piccolo miracolo.

Canti e storie… dall’inizio

Eccomi qui, per raccontavi un po’ come è partito questo nuovo progetto.

Ho rivisto Antonia dopo tanto tempo e ci siamo rese conto che in quel momento avevamo entrambe un’urgenza, quella di raccontare.

Iniziamo a vederci, a provare, a mettere insieme…

nasce così la nostra prima serata di Storie, che si muove intorno ad atmosfere medievali.

Sentiamo però l’esigenza di avere limiti temporali meno precisi… un filo più sottile che leghi tra loro i nostri pezzi.

Arriviamo così a Canti e storie d’amore e di radici.

Due set di circa trenta minuti, con uno spazio in mezzo per prendersi un altro bicchiere, farsi una chiacchiera, sorridere a un vicino.

Racconti suonati, cantati e narrati si alternano…

La voce di Antonia D’Amore è una carezza per l’anima… dovete sentirla!

Allora, vi è venuta un po’ di curiosità?

Vi terremo aggiornati sulle prossime date!

La ragazza sull’albero al Teatro Le Sedie

Amici, è con grande emozione che vi invito a Teatro! Domenica prossima racconterò al Teatro le Sedie, nell’ambito della rassegna “Le Sedie per bambini” la storia della Ragazza sull’albero.  Vi aspetto il 14 gennaio alle 11, in Vicolo del Labaro 7.  La narrazione è particolarmente adatta a bambini dai 5 ai 7 anni!!!

… a seguire un piccolo laboratorio sul Teatro di Ombre, in cui ogni bambino potrà disegnare sul cartoncino nero il suo personaggio preferito. Con forbici, nastro carta e bastoncini di legno costruiremo alcune silhouettes per giocare con le luci e con le ombre.

In pochi semplici passaggi i bambini potranno iniziare a sperimentare il movimento degli oggetti, a creare un personaggio dandogli una voce, a farlo interagire con ciò che gli sta intorno, divertendosi a ricreare alcuni momenti della storia appena narrata.

A domenica dunque!

Per info e prenotazioni: Teatro le Sedie 3201949821.

Una mattina alla Mario Lodi

Bellissima esperienza oggi alla scuola media Mario Lodi. Nel corso della mattinata ho raccontato Chichibio, la monaca e l’orrenda dama a sette seconde! È stato emozionante, abbiamo parlato di cose importanti, i ragazzi sono stati partecipi, disponibili all’ascolto… c’è stato un bello scambio, anche con gli insegnanti.

Ringrazio Alessandra Attiani per queste foto!

©Alessandra Attiani

E sono sempre più convinta che raccontare storie sia la forma più potente di cambiamento che abbiamo a disposizione.

La locandina!

Ci sono quelle storie che le leggi e ti entrano nel cuore. Lì rimangono, acquattate, per anni. Ogni tanto riaffiorano, ti illumina all’improvviso il loro ricordo… finché arriva il momento in cui riprendono tutto il loro spazio, si allargano al punto che il cuore non gli basta più e si espandono fino a riempire tutto il cervello! E allora non hai scelta, è arrivato il momento: le devi raccontare!

Qualcuno l’ha già ascoltata, qualcuno non sa neppure che esiste… ma grazie a due persone speciali, a me molto care, oggi “La ragazza sull’albero” ha anche una locandina. Il disegno è di Laura Fasciolo, la grafica è di Valentina Troiani!

È con grandissima emozione che ve la presento!

Gli occhi di chi ascolta le storie

Quando si racconta una storia, ci si nutre degli occhi di chi la ascolta. Gli spettatori possono essere molti o pochissimi, grandi o molto piccoli, ma i loro sguardi non si dimenticano.

Che si legga o si racconti, si guarda in faccia il pubblico, a differenza di quando si “recita”… e anche gli occhi di chi ascolta sono spesso uno spettacolo.

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Quando si lavora su una nuova storia capita di provarla davanti ad amici o parenti, che si prestano generosamente all’ascolto nella fase delicata in cui una storia prende forma…

In ognuno di questi casi è bellissimo vedere come gli occhi si accendono, come i visi si trasformano inconsapevolmente restituendoci una nostra espressione… è un’energia potente che ci torna indietro e ci spinge avanti, fino alla fine della storia. Ecco, oggi vorrei fare un ringraziamento a tutti gli spettatori, che hanno una parte così importante nel nostro lavoro.

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